giovedì 27 settembre 2012

Cosa sono l'Ittiturismo e la Pescaturismo?





La pescaturismo e l'ittiturismo sono due costole dell'attività peschereccia. Spieghiamoci meglio: la pescaturismo consiste nell'imbarcare un gruppo di persone, oltre all'equipaggio, in una nave adibita a pesca professionale. Sul peschereccio ci si diletta nella pesca insieme ad esperti del settore, i quali oltre ad aiutare gli ospiti, possono allestire a bordo dei pasti a base del pescato del giorno, o cucinare le specie che allevano con l'acquacoltura a terra.

L'ittiturismo invece consiste in un'attività di ricezione ed ospitalità esercitata dai pescatori, attraverso l'utilizzo delle proprie abitazioni o nel nostro caso di manufatti tradizionali come i casoni, e l'offerta di servizi di ristorazione e degustazione dei prodotti tipici.

Come mettersi a norma e cosa sapere in merito alla gestione di queste attività? La regione Veneto ha recentemente emanato la legge regionale 10 agosto 2012 n. 28 in merito alla disciplina di queste attività, compreso l'agriturismo.
La prima cosa essenziale è distinguere le due discipline dalla ristorazione. L'attività può essere esercitata solo ed esclusivamente in tempo e misura minore rispetto all'attività di pesca e ad opera di pescatori professionisti. Gli alimenti impiegati nei pasti poi, devono tassativamente provenire per almeno il 50 % dalla propria impresa ittica e per il restante da aziende solo venete, a meno che una crisi straordinaria intacchi il comparto pesca. Quindi un privato, magari muratore, che casualmente ha un casone e cucina pesce preso all'ingrosso, è un classico ristoratore.

Ma spulciamo bene la direttiva. Cominciamo con l'Ittiturismo, che prende buona parte delle nuove disposizioni dagli articoli sull'agriturismo. I requisiti sono: essere un pescatore, utilizzare la propria abitazione o delle strutture aziendali collegate con la propria attività ed aver superato un corso iniziale di formazione professionale per l'avvio di attività ittituristica presso organismi di formazione accreditati presso la regione. Ben chiaro ed evidente resta l'obbligo che l'attività della pesca o acquicoltura e la quantità del pesce pescato, debbano restare superiori al tempo passato tra i fornelli e al quantitativo di pesce preparato per gli ospiti.

L'attività ricettiva ittituristica segue di pari passo le regole concernenti l'agriturismo, infatti la somministrazione di pasti e bevande è destinata esclusivamente alle persone che usufruiscono dell’ospitalità in alloggi e di spazi aperti attigui e può essere svolta annualmente; negli altri casi è ammessa solo stagionalmente per un numero massimo di posti a sedere, pari a 80, qualora l’azienda agrituristica svolga attività per un massimo di 160 giorni di apertura all’anno e a 60 qualora l’azienda agrituristica svolga attività per un massimo di 210 giorni di apertura all’anno.

Passiamo ora alla pescaturismo. Uguali gli obblighi primari: essere pescatori di professione ed aver passato un corso di formazione per l'attività di pescaturismo. L'attività di ristorazione a bordo deve avvenire con le proprie attrezzature e il proprio prodotto. La pesca dev'essere effettuata con l'impiego di sistemi consentiti dalle norme vigenti. Se si svolge in mare ci si attiene alle modalità definite dalla capitaneria di porto, se si svolge in laguna o in acque marittime interne, i pescatori devono attenersi all'art. 25 “Esercizio della pesca professionale” della legge regionale 28 aprile 1998, n. 19.

Quali sono invece i requisiti ed i limiti? Sono necessari accertamenti di sicurezza e prova pratica di stabilità di ciascuna delle proprie navi in ore diurne o notturne, con l’indicazione del numero massimo di persone imbarcabili su ciascuna nave, rilasciata, per il tramite degli uffici dell’ispettorato o della capitaneria di porto territorialmente competenti. Ci si deve inoltre munire di polizza assicurativa verso terzi e di patente nautica da diporto. Nel caso di navigazione nelle acque delle lagune, è autorizzato l’imbarco di passeggeri in numero superiore a dodici. Non è da trascurare l'igiene, infatti le strutture e i locali destinati all’esercizio dell’attività agrituristica o ittituristica devono possedere i requisiti igienico-sanitari previsti dai regolamenti comunali edilizi.



Affinchè si possano iniziare queste avventure ci deve essere un riconoscimento provinciale in merito alle attività turistiche legate al settore primario. Una volta ottenuto l'ok, devono essere aperte entro due anni. L'inizio attività poi dev'essere segnalato al comune per l'Ittiturismo e alla provincia per la pescaturismo.

E per quanto riguarda prezzi e ospiti? Eccoci arrivati al sodo. È perentorio comunicare alla provincia, entro il 1° ottobre di ogni anno, i prezzi massimi concernenti le attività di ospitalità che si intendono applicare con validità per l’anno solare successivo qualora siano modificati rispetto all’anno precedente, unitamente ai periodi di apertura dell’azienda ittituristica o di esercizio dell’attività di pescaturismo.
Bisogna esporre al pubblico la segnalazione certificata di inizio attività, il simbolo regionale identificativo del turismo veneto e il logo dell’attività.

È obbligatoria la registrazione e denuncia delle generalità delle persone alloggiate nel rispetto della normativa vigente in materia di pubblica sicurezza, nonché la comunicazione alla provincia degli arrivi e delle presenze degli ospiti alloggiati, ai fini delle rilevazione statistiche.
In caso di superamento del limite dei posti a sedere, ciò deve essere comunicato preventivamente alla provincia. Infine per l'attività di somministrazione di pasti, spuntini e bevande, è fatto obbligo di esporre al pubblico e nel menù l’elenco delle pietanze, delle bevande e degli altri prodotti serviti, indicando i relativi prezzi e la provenienza dei prodotti.




martedì 18 settembre 2012

Venezia città metropolitana



La Città Metropolitana è un ente previsto per la prima volta dalla L. 142/1990, che ha attribuito al Governo, su proposta delle Regioni interessate, l’emanazione entro due anni di decreti legislativi attuativi, con poteri di surroga al Governo stesso in caso di inerzia delle Regioni.



Con la L.Cost. 3/2001 è stato modificato il titolo V della Costituzione e la Città Metropolitana ha fatto il suo ingresso nella Carta Costituzionale.

i Comuni che faranno parte della Città Metropolitana potranno subire una riduzione delle funzioni amministrative di pertinenza, al fine di consentire alla Città Metropolitana l’esercizio unitario delle funzioni amministrative nell’area di riferimento, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.



Nei termini previsti dalla legge delega, il Governo Monti ha adottato il DL 95/12, poi convertito con emendamenti nella L. 135/12 nell’ambito della cd. Spending Review (in seguito brevemente denominata anche “Legge di riforma”), dando di fatto il via ad un iter accelerato per le istituzioni coinvolte al fine di pervenire al riordino istituzionale degli enti territoriali e con l’obiettivo di razionalizzare la spesa pubblica.

La riforma è regolata dagli artt. 17 e 18, rispettivamente dedicati al riordino delle province ed all’istituzione delle città metropolitane.
Sotto il profilo sostanziale, per quanto qui interessa, le norme prevedono che:
‐ tutte le province delle regioni a statuto ordinario sono oggetto di riordino;
‐ i requisiti minimi per rimanere provincia sono congiuntamente i 2.500 chilometri quadrati ed una popolazione non inferiore a 350.000 abitanti (criteri fissati con successiva deliberazione del Consiglio dei Ministri 20/07/12);

‐ a partire dal 01/01/2014 la Provincia di Venezia viene soppressa e viene istituita la Città Metropolitana di Venezia;

‐ il territorio della Città Metropolitana di Venezia coincide con quello della Provincia, salvo il potere dei Comuni di aderire ad una Provincia limitrofa. è prospettabile solo il caso di comuni “in uscita” dall’area metropolitana, con esclusione di nuove candidature di territori che, per ragioni storiche, sociali, economiche o di altra natura, potrebbero contribuire efficacemente alla coesione amministrativa;

‐ sono organi della Città Metropolitana il Sindaco Metropolitano ed il Consiglio Metropolitano, formato da 12 componenti che vengono eletti con il metodo indiretto.



Sia lo statuto provvisorio che lo statuto definitivo possono stabilire che il sindaco metropolitano sia: a) di diritto il Sindaco di Venezia oppure b) sia eletto secondo le modalità stabilite per l’elezione del presidente della provincia. Solo nel caso in cui il comune capoluogo (nel caso di specie quello di Venezia) deliberi anche di articolarsi in più comuni (pensiamo al caso di una eventuale separazione di Venezia da Mestre, scelta che la riforma rende possibile), sarebbe possibile prevedere nello statuto che il Sindaco Metropolitano sia eletto ai sensi dell’art. 18 comma 4 lett. c) ossia a suffragio universale e diretto;

‐ alla Città Metropolitana di Venezia vengono attribuite le funzioni fondamentali della Provincia di Venezia, nonché la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali, la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, le funzioni relative alla mobilità e viabilità, la promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, nonché quelle ulteriori funzioni che lo Stato e la Regione vorranno attribuire.




La grave situazione economica e finanziaria, accompagnata a decenni di assenza di riforme e da forti trasformazioni territoriali, impone che tutte le istituzioni si facciano carico dell’equilibrio dei conti pubblici, razionalizzando la spesa pubblica, riducendo gli sprechi e contribuendo, nel contempo, al rilancio della crescita del paese e all’avvio di una ricostruzione civica e sociale, in un contesto di equità e di coesione sociale e territoriale.

Le prospettive di riforma istituzionale, avviate con l’istituzione della Città Metropolitana, di cui oggi si discute in Consiglio Comunale, si collocano indubbiamente in questa politica di razionalizzazione e modernizzazione dello Stato.

Nell’ambito della Città Metropolitana i Comuni che la costituiscono potranno per statuto avere persino maggiori funzioni di quelle odierne, da esercitare in forma singola o associata, vista la previsione dell’art. 18, comma 9, lett. c) della Legge di riforma.







Noi siamo il nostro miracolo


Essere allegri e contenti quando va tutto bene è piuttosto facile direi. E' mantenersi positivamente trotterellanti in generale che chiede fiducia in se stessi, nella vita e nelle situazioni. Tutto ciò fluisce da dentro ed è una forza tutta nostra, una fiamma da tenere viva.

Il motivo per impegnarsi in questo atteggiamento positivo è che c'è solo da guadagnarci. Se ci si piange addosso nessuna persona può tirarti realmente fuori dal pantano.

Il bello, il vitale, ci fa star bene. Ci stimola. Ora c'è una gatta nel terrazzo accanto che miagola disperatamente per farsi ingroppare. Chissà se arriverà qualche micio. :)

La cosa fondamentale è:
1. Conoscere le proprie inclinazioni e rispettarle. Non accettare sfide incongrue  alle proprie passioni, accettare i propri limiti e felicitarsi di quello che si può fare.

2. Tenere delle aspettative congruenti con i propri desideri, non con il mondo concorrenziale degli altri. Eleggere se stessi a centro pulsante della propria stima e delle proprie salde idee. Gioire delle cose che scaldano l'animo e non farsi abbagliare dalle inezie.

3. Bevendo una lattina da 0,5 l di Radler ho ora compreso che sono cotta. Vai a fidarti del limone.

4. Osserva i gatti. Loro vivono il presente. La vita è molto più serena di quello che vogliamo macchinare noi. Allora facciamo le fusa al tempo, al cielo, alle nuvole rosa dei tramonti.
Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr......Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.....

Buonanotte Jessica :) Buonanotte anche a voi ;)



domenica 2 settembre 2012

Colorato giardinaggio: "L'erba del vicino" :)




Oh salve! Sono tornata dall'Abruzzo. Sole, mare, colline. Cadenze linguistiche nuove. Maaaraveiiiossso!

Ho scovato un nuovo programmino carino di quelli che piacciono a me: "L'erba del vicino".

Una squadra di giardinieri, insieme ai condomini, riqualifica dei cortili condominiali trascurati.

Emotaiment a gogò, unione tra i vicini, spiegazioni sulle piante, sulla terra giusta da utilizzare, sugli alberi che hanno bisogno di sole e quali d'ombra. Vecchiette, signore e ragazzi che piantano in compagnia, potano rami, si divertono con i grembiulini e gli attrezzi, mettono a dimora  piante acidofile che amano l'ombra ed idrangee, bisognose d'acqua.

Si va al vivaio a prendere azalee, gardenie profumate, si spiega che si ammalano di clorosi per troppa acqua calcarea. Ortensie che cambiano colore in base al nutrimento:  con l'acqua calcarea diventano rosa,  con tanto allume di alluminio bianche, con meno azzurre. Inoltre il mal bianco, che si sconfigge con dello zolfo spruzzato con l'acqua sulle foglie.

Sarebbe bello coltivare piante aromatiche in terrazzo, o avere un bel giardino. Le piante sono molto utili per moltissime malattie. La prima che mi viene in mente e che ho già utilizzato è l'aloe vera. Le sue foglie ciccione e piene di gel filamentoso, sono un toccasana da stendere sulla pelle bruciata dal sole.

Aloe Vera


 
Alberello di limoni



Gardenia
Azalea
Rododendro
Yucca

martedì 21 agosto 2012

Carta Nordest Spreco Zero




Il 29 settembre a Trieste 100 sindaci sottoscriveranno la “Carta Nordest Spreco Zero”, in occasione della prima “Giornata contro lo spreco di cibo” promossa da Last Minute Market sotto il patrocinio del Parlamento Europeo-Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale. Last Minute Market è uno spin-off accademico, una società derivata, dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, con la direzione scientifica del prof. Andrea Segrè, preside dalla Facoltà di Agraria. Tale società sviluppa numerosi progetti territoriali volti al recupero dei beni invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi.

Lo spreco alimentare nella società odierna è quantomeno paradossale. Da un lato, vi è la necessità di aumentare la produzione di cibo del 70% nei prossimi anni per poter nutrire una popolazione che conterà 9 miliardi nel 2050, dall’altro nel mondo si spreca più di un terzo del cibo che viene prodotto.”

La Carta contiene una serie di strategie tese a migliorare l’efficienza della catena alimentare nell’UE, come proposto dal Parlamento europeo, lo scorso 19 gennaio 2012. “La Carta suggella l’impegno delle amministrazioni aderenti per dimezzare, entro il 2025, lo spreco alimentare (180 kg pro-capite in Europa, 149 in Italia). E individua una serie di azioni da mettere in campo: dal recupero dei prodotti invenduti da cedere a cittadini meno abbienti, alle vendite scontate di generi vicini alla scadenza, dall’educazione alimentare alla modifica della disciplina degli appalti pubblici per la ristorazione. Ma non solo. I sindaci firmatari si impegnano anche a promuovere la riduzione progressiva degli sprechi di acqua, energia, mobilità, comunicazione e a mettere in rete le loro buone pratiche.”
I sindaci sottoscriveranno la Carta durante la cerimonia pubblica nell’ambito della prima edizione di “Trieste Next – Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica” (28-30 settembre 2012).

domenica 19 agosto 2012

L'omicidio Tenco e l'informazione parziale

 


Sicuramente da quando sono andata all'università, mi è stata aperta la mente.
Molte informazioni nuove. Una nuova mentalità. Un nuovo modo di vedere le cose oltre la superficie. Quella che io pensavo essere l'unica verità mostrata da "autorevoli" mezzi: i tg di Mediaset.

Per questo non do molte colpe alla maggior parte degli italiani per non sapere quasi nulla di quello che accade, cullati nell'ignoranza quasi totale. Come fai solo ad immaginare che quello che ti danno in pasto i media non sia vero? Perchè dovrebbero mentirti? Per interessi vari.

Certamente da giovine, degli interessi vari, non ne hai nemmeno idea e vuoi vivere felice. Infatti è proprio sul "va tutto bene, non vi preoccupate" che agli italiani piace campare, e chi gestisce il tutto lo sa.

Pensavo fosse pura fantasia che ci fossero verità incontrovertibili, insabbiate dai maggiori poteri.

Di casi così ce ne sono molti, miliardi. Spaziano dalla politica, alle guerre, al mondo dello spettacolo.

Oggi voglio soffermarmi sul caso Tenco. I suicidi mi danno molto fastidio. Sono una soluzione pessima ai nostri problemi e trovo totalmente irresponsabile che vengano pubblicizzate maniacalmente i gesti di star malate della musica. Un Kurt Kobain ad esempio. Serve rispetto per chi non ha una famiglia presente alle spalle, per chi non ha sicurezze, per chi è debole e si deprime. Serve aiuto, rassicurazione, coraggio, felicità.

Non c'è bisogno di mitizzare il disagio, la malinconia, un vivere vacuo.

Tornando a Tenco, scoprendo che si è tolta al vita pure Dalida, ho voluto informarmi. Saran mica tutti così abbacchiati 'sti cantanti?!

Cosa trovo? Pista omicidio. Scommesse clandestine, Argentina, P2.

Chissà perchè, mi sembra subito più sensato.

Fonti:
http://www.youtube.com/user/laverdeisola
http://www.radioradicale.it/exagora/p2-la-controstoria-21-le-morti-misteriose
http://it.wikipedia.org/wiki/Fascicoli_SIFAR
http://www.youreporter.it/search.php?q=scomoda%20berlusconi%20altroparlante%20luigi%20tenco%20p2%20sanremo

sabato 11 agosto 2012

Salviamo Valle Vecchia, La Brussa, dalla speculazione edilizia!

 Nella nostra spiaggia vergine di Brussa e oasi naturale e laguna Valle vecchia, vogliono fare un campeggio da 6.000 persone. Posti barca. Cemento. Inquinamento. Turismo irresponsabile.

A tutti, ai caorlotti o a chi ci viene solo in vacanza o a chi ne ha sentito solo parlare ma ha a cuore l' ambiente, chiedo, come ho già fatto io, di spedire una mail per sollecitare il comune di Caorle e l'assessore all'Urbanistica e alla Pianificazione Territoriale della Provincia di Venezia Mario dalla Tor, alla salvaguardia della valle per l' istituzione di un bio parco e di rivedere i loro piani cementizi.
Le instruzioni sono sotto.


Goletta verde: Sabato 11 agosto – Caorle

Alle ore 18.30: accoglienza di Goletta Verde che ormeggerà al Porto Rifugio e Peschereccio di Caorle e dalle ore 19:00: Esposizione della mostra fotografica “Valle Vecchia e la Brussa” per concessione di Michele Zanetti – naturalista.

Dalle ore 19.30 – 20:30:  Visita alla Goletta Verde per cittadini e turisti

Domenica 12 agosto – Caorle

Alle ore 10.00: presso il Centro Civico di Piazza Vescovado si terrà l’esposizione della mostra fotografica “Valle Vecchia e la Brussa”

ore 10.30: Presentazione dell’inedito studio di Legambiente dal titolo “Consumo di suolo delle coste venete. Numeri e descrizione dello stato di trasformazione del paesaggio della costa veneta”. A seguire si terrà il dibattito Quale futuro per Valle Vecchia e le aree costiere del Veneto Orientale?

Alle ore 16.00:  saluto a Goletta Verde presso la spiaggia di Valle Vecchia – Brussa con il circolo Legambiente Veneto Orientale



 http://www.legambienteveneto.it/










 


A: giunta@comune.caorle.ve.it, mario.dallator@provincia.venezia.it, legambiente.venetorientale@gmail.com


Gentile giunta comunale di Caorle e gentile Assessore all'Urbanistica e alla Pianificazione Territoriale della Provincia di Venezia Mario dalla Tor,

vi invio questo ancorato appello in quanto a conoscenza del progetto in serbo per il territorio della Brussa di Caorle.
Valle vecchia è la nostra particolarità, la nostra ricchezza, nonchè parte importante del nostro turismo, che vogliamo sia promosso in modo responsabile, tramite l'istutuzione di un parco protetto.

Lo sciatto, venale ed arrogante proposito di ridurla ad ennesima stazione balneare è perlomeno riprovevole, data la recente realizzazione della località Altanea, un alveare di case vacanza, alcune inesorabilmente sfitte o invendute.

Noi caorlotti teniamo al nostro territorio, e siamo vicini alla causa, più di quanto voi probabilmente pensiate.
Non siamo disposti a  subire vostre decisioni e/o progetti per i quali non siamo stati minimamente interpellati.

Grazie per l' attenzione,

nome e cognome

martedì 7 agosto 2012

Crescere con grinta!




Oggi ho parlato ad un amico come non parlavo con me stessa da tempo.
Lui è insicuro.

Io gli dico:
Tu non sei il "Ruggero 1", quello di una volta. Tutti noi cambiamo, giornalmente, nuovi, ma ragioniamo come fossimo la somma di ciò che siamo stati. Che zavorra.

Se parli di avvenimenti negativi del tuo passato, riproponili, soprattutto a te stesso in chiave nuova.
Usa nuove frasi. Trova quel che di positivo c'è stato e riconsidera tutta la vicenda.
"Ho perso due anni di superiori e mi sentivo indietro. Mi consideravano inetto".
Questo tipo di frasi, ripetute a noi stessi, diventano verità, convinzioni, abitudini. Catene.

"Alle superiori negli ultimi due anni, cambiando classe, ho conosciuto compagni divertenti." Chissene del resto.

Ho detto a Ruggero di non usare come sua descrizione quella che gli altri hanno disegnato per lui. Le persone si sbagliano. Le persone possono affossarti per sentirsi un pò meglio.
Crea la tua visione di te, e già che ci sei, abbonda con la gentilezza.

Io, lui, noi, spesso ci dimentichiamo il RISPETTO per noi stessi. La delicatezza.
Perchè ci critichiamo con tale ferocia? Ma come ci permettiamo? :)

Io ho timore per il mio futuro, è come se per tutta la mia infanzia e adolescenza avessi potuto delegare.
Delegare chiedendo i compiti. Trovando il piatto pronto. Facendomi pagare le utenze. Facendomi portare su e giù.

Delegare le responsabilità. Alla fine a forza di spingere avanti, sono arrivata al dopo università.
D'improvviso mi ritrovo con un fardello. Sono io. Tutta me. Dalla testa ai piedi. Di colpo sento che io ho la piena responsabilità di me stessa.

Realizzo che per la prima volta non potrò incolpare nessuno per i miei errori. Per eventuali fallimenti. Per le scelte. Per i bivii.

E mò?!

Panico. Seguito da smarrimento. Ansia. Tentativo di controllare tutto. Così non sbaglio.

Cagate.

Consigliare gli altri è sempre più semplice. Allora ho detto a Ruggero che la vita è breve, quindi passarla preoccupati che senso ha?

Prima o poi dovremo accettare le responsabilità. Quindi tanto vale sforzarsi.

Una cosa è sicura, noi dobbiamo fare la fatica di arrivare ad una convivenza pacioccosa con noi stessi. Se su questo si resta pigri, tanti auguri. Ma è bellissimo, perchè è la soluzione!
La volontà è la soluzione. Ed è una cosa che si allena.

Bando ai "io sono così". Io posso migliorare, conservando e non stravolgendo però il mio nocciolo.
Limo, ma mantengo il fulcro buono.

Insomma Jessica mia piccola pupazza, la vita è una e tu mi piaci, nonostante i difetti, nonostante il fatto che ti caghi sotto per motivi futili, nonostante l'insicurezza. Perchè anche se ti lamenti poi lotti, ti tiri fuori, come un luccio. Si! un lucente e sgusciante luccio di fiume che affronta e si libera dai problemi!

Bleah... magari come ....come te. Unica e tenace.

Un applauso, tanti auguri! W i complimenti. Mi gonfio come un gallo!

Volevo parlare di un altro argomento, ma alla fine è nato questo.

Sii forte anche tu Lakers 24 e parla a te stesso come consigli gli altri.







giovedì 26 luglio 2012

Parents and sons


Father
It's not time to make a change,
Just relax, take it easy.
You're still young, that's your fault,
There's so much you have to know.
Find a girl, settle down,
If you want you can marry.
Look at me, I am old, but I'm happy.

I was once like you are now, and I know that it's not easy,
To be calm when you've found something going on.
But take your time, think a lot,
Why, think of everything you've got.
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not.

Son
How can I try to explain, when I do he turns away again.
It's always been the same, same old story.
From the moment I could talk I was ordered to listen.
Now there's a way and I know that I have to go away.
I know I have to go.

Father
It's not time to make a change,
Just sit down, take it slowly.
You're still young, that's your fault,
There's so much you have to go through.
Find a girl, settle down,
if you want you can marry.
Look at me, I am old, but I'm happy.

Son
All the times that I cried, keeping all the things I knew inside,
It's hard, but it's harder to ignore it.
If they were right, I'd agree, but it's them you know not me.
Now there's a way and I know that I have to go away.
I know I have to go.


Traduzione italiana:


[padre]
non è il momento di fare cambiamenti,
rilassati e basta, prenditela comoda.
Sei ancora giovane, questo è il tuo problema,
c'è così tanto che devi conoscere,
trovati una ragazza, sistemati,
se vuoi puoi sposarti.
guarda me, sono vecchio, però sono felice

un tempo ero come tu sei ora, e so che non è facile,
stare calmo quando trovi qualcosa per andartene
ma prenditi il tuo tempo, pensa molto
perchè, pensa a tutto quel che hai.
domani tu sarai ancora qui, ma i tuoi sogni potrebbero non esserci


[figlio]
come posso provare a spiegargli? quando lo faccio lui si gira dall'altra parte
è sempre stata la solita vecchia storia.
dal momento in cui potevo parlare mi è stato ordinato di sentire
ora c'è una via, e io so che devo andare
io so che devo andare


[padre]
non è tempo per cambiamenti
solo sietidi, prenditela lentamente.
sei ancora giovane, è questo il tuo problema
c'è così tanto su cui devi pensare
trovati una ragazza, sistemati
se vuoi puoi sposarti
guarda me, sono vecchio, ma sono felice


[figlio]
tutte le volte che ho pianto, tenendomi tutto ciò che sapevo dentro
è difficile, ma è più difficile ignorare ciò
se loro erano nel giusto, io accettavo, ma il problema è che non mi conosci
ora c'è una via e io so che devo dandare via
io so che devo andare

domenica 22 luglio 2012

"Con Scienze della Comunicazione trovi lavoro. Basta con i pregiudizi!"


Ci sono miti da sfatare sul corso di laurea più bistrattato d’Italia. Non è vero che non dia lavoro. Al contrario, i laureati in comunicazione ne trovano di più rispetto agli altri umanisti. Restano i problemi del precariato e dello stipendio: ma per risolverli deve cambiare la cultura, che non dà importanza alla comunicazione.
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Illustrazione di latejapride* (da Flickr)
Illustrazione di latejapride* (da Flickr)

In Italia i pregiudizi negativi sui corsi di laurea in scienze della comunicazione esistono da anni: laurea poco seria, esami facili da superare, titolo di studio svalutato sul mercato del lavoro perché le aziende si aspettano giovani impreparati o genericamente capaci di tutto e niente, che finiscono per confinare in ruoli malpagati e secondari. Insomma le battutacce su «scienze delle merendine», come i denigratori le chiamano, affliggono non solo gli studenti attuali, ma pure chi la laurea ce l’ha da anni.
La cosa peggiore, per chi subisce le battutacce, è che di solito provengono da persone che di comunicazione non capiscono niente. Il che è normale, a ben pensarci: se di comunicazione almeno un po’ te ne intendi, allora sei anche consapevole dell’importanza che ha per qualunque ambito professionale, e tutto faresti meno che denigrare chi ha studiato o studia per farla. Le uscite peggiori, nel 2011, sono venute dalla politica. Due esempi per tutti.
Gennaio 2011: a «Ballarò» il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, nel difendere la riforma della scuola, dice di aver voluto dare «peso specifico all’istruzione tecnica e all’istruzione professionale», perché ritiene che «piuttosto che tanti corsi di laurea inutili in Scienze delle comunicazion-i [sic] o in altre amenità, servano profili tecnici competenti che incontrino l’interesse del mercato del lavoro». Infatti, aggiunge, i corsi in «scienze delle comunicazioni non aiutano a trovare lavoro», perché «purtroppo sono più richieste lauree di tipo scientifico, lauree che in qualche modo servono all’impresa». E «questi sono i dati», conclude Gelmini.
Ottobre 2011: il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, parlando prima a «Porta e Porta» e poi a «Matrix», spiega precariato e disoccupazione dicendo che «il problema dei giovani è che spesso non vengono seguiti dai genitori, che consentono loro di iscriversi a facoltà universitarie come Scienze della comunicazione». Sacconi usa cioè Scienze della comunicazione come esempio di laurea che produce precariato o, peggio, disoccupazione protratta. E non è la prima volta: l’aveva già fatto nell’agosto 2008, in un’intervista su L’Espresso.
Che i politici italiani alimentino i pregiudizi contro le lauree in comunicazione non mi stupisce più di tanto: poiché in Italia la politica – a destra come a sinistra – ha raggiunto negli ultimi anni i livelli più bassi anche nella comunicazione, oltre che nei contenuti e nelle azioni, i politici rientrano nel novero di coloro che sottovalutano il settore perché non lo conoscono. Che però i giornalisti riproducano gli stessi pregiudizi già mi stupisce di più, visto che non solo di comunicazione dovrebbero saperne, ma di comunicazione vivono.
Eppure nel 2009 Bruno Vespa si permise di chiudere una puntata di «Porta a Porta» addirittura «pregando» (sic) i giovani di non iscriversi a Scienze della comunicazione, e cioè di «non fare questo tragico errore che paghereste per il resto della vita». E commenti del genere, più o men pesanti, compaiono a cadenze quasi regolari su tutti i media.
Detto questo, l’ignoranza è certamente più grave nel caso dei ministri, perché un ministro dell’istruzione e uno del lavoro dovrebbero conoscere bene ciò su cui non solo rilasciano dichiarazioni ma prendono decisioni. Specie se concludono dicendo, come ha fatto Gelmini: «E questi sono i dati».
I dati infatti non dicono che il mercato del lavoro non assorba laureati in Scienze della comunicazione. Dicono altro. Secondo il consorzio interuniversitario Almalaurea, sostenuto dallo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, consorzio che oggi elabora e rende disponibili sul web dati che riguardano il 78% dei laureati italiani, nel 2010 i laureati triennali in Scienze della comunicazione, a un anno dalla laurea, non lavoravano meno degli altri, anzi: il 46,5% di loro lavorava, a fronte del 46% dei laureati triennali di tutti i tipi di corsi, e di un 41,8% di laureati triennali usciti dalle facoltà di Lettere e filosofia, a cui in molti atenei appartiene Scienze della comunicazione. Il che vuol dire che nel 2010, in piena crisi economica, i neolaureati in comunicazione lavoravano un po’ più degli altri (uno 0,5% in più) e ben più dei loro colleghi umanisti (4,2 punti percentuali in più).
Se poi prendiamo le lauree magistrali del settore della comunicazione e le confrontiamo con tutte le altre, otteniamo una perfetta parità: a un anno dalla laurea, nel 2010 già lavorava il 55% dei giovani che avevano preso una magistrale nella classe «scienze della comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità», esattamente come già lavorava il 55% dei laureati in tutti gli altri corsi. E se confrontiamo questi dati con quelli dei giovani usciti dalle facoltà di Lettere e filosofia, scopriamo ancora una volta che i comunicatori se la passano meglio di altri umanisti, i quali, a un anno dalla laurea, nel 2010 lavoravano solo nel 53% dei casi.
Ma andiamo a spulciare anche il cosiddetto «profilo» dei laureati che la banca dati di Almalaurea mette a disposizione sul web, giusto per capire se la nomea di «laurea facile» e «poco seria» ha qualche fondamento nei numeri.
Con un paio di clic scopriamo per esempio che i giovani che nel 2010 hanno conseguito una triennale in Scienze della comunicazione hanno preso in media 100 come punteggio di laurea, mentre gli altri laureati italiani hanno preso 100,6; e scopriamo inoltre che, sempre lo stesso anno, la media di voti negli esami è stata 25,9 per i laureati triennali in comunicazione e 25,8 per tutti gli altri. Inoltre, con altri due clic scopriamo che nel 2010 i laureati magistrali in comunicazione hanno preso in media 27,4 agli esami e 106,5 alla laurea, mentre gli altri hanno preso 27,6 agli esami e 108,1 alla laurea.
Questi dati credo possano contribuire a sfatare l’idea che a comunicazione si «regalino i voti», visto che i voti di comunicazione sono allineati a quelli delle altre lauree nel caso dei trienni e addirittura più bassi nelle magistrali. Certo, i numeri possono sempre essere interpretati in modo diverso: un voto più basso può voler dire che l’esame è più difficile, come pure che lo studente è più zuccone. Ma poiché non c’è niente, se non il pregiudizio, a far propendere per un’interpretazione o l’altra di un voto, e poiché il pregiudizio sulle lauree in comunicazione è che i voti siano più alti lì che per esempio a Ingegneria o Fisica, solo perché gli esami sono più facili e non perché gli studenti siano più bravi, è doveroso leggere queste medie, per par condicio, semplicemente ribaltando il pregiudizio, e non decidendo all’improvviso che a un voto più basso corrisponda uno studente più zuccone e non un esame più duro.
Insomma, che i laureati in comunicazione siano meno richiesti dal mercato è pregiudizio, non realtà confermata dai numeri; che le lauree nel settore della comunicazione siano più facili è pure pregiudizio. Ma che il mercato del lavoro valorizzi meno i laureati in comunicazione degli altri non è pregiudizio: è realtà.
Se cerchiamo infatti dati sugli stipendi, Almalaurea ci dice che, a un anno dalla laurea, nel 2010 i laureati triennali in Scienze della comunicazione prendevano in media 879 euro netti al mese, mentre tutti gli altri ne prendevano in media 967; e dice che i laureati magistrali in comunicazione prendevano in media 904 euro netti mensili (addirittura meno dei triennali di altri settori), mentre gli altri ne prendevano 1051.
Se infine consideriamo il problema della precarietà, il quadro è ancora una volta svantaggioso per i comunicatori: nel 2010, a un anno dalla laurea, avevano un lavoro stabile solo il 32,9% dei laureati triennali in Scienze della comunicazione, contro il 38,2% di tutti gli altri, e solo il 25,1% dei laureati magistrali nel settore della comunicazione, contro il 33,9% di tutti gli altri.
Insomma, stando ai numeri, la differenza fra un/a laureato/a in comunicazione e uno/a di altre discipline sta soprattutto nella maggiore precarietà e nello stipendio più basso: da 88 a 147 euro netti al mese in meno per i comunicatori, in un momento in cui, data la crisi, gli stipendi sono già bassi per tutti.
E allora, cosa dobbiamo concludere? È forse questo il nucleo di verità che ha indotto Bruno Vespa a parlare di Scienze della comunicazione come di un «tragico errore» di cui pentirsi per tutta la vita?
I problemi ci sono, inutile negarlo. Ma non è dicendo ai giovani si evitare come la peste i corsi di comunicazione che si risolvono, specie in un paese come il nostro, in cui la cultura della comunicazione è scarsa in tutti i settori professionali: campagne pubblicitarie banali e volgari, comunicazione sociale inefficace, televisione urlata e politici incapaci di rivolgersi ai cittadini in modo convincente ci mostrano tutti i giorni quanto in basso sia scesa la comunicazione in Italia. Di bravi e qualificati comunicatori il nostro paese avrebbe un disperato bisogno, altro che. Se solo, ovviamente, il mercato non fosse a sua volta condizionato dai pregiudizi di cui stiamo parlando.
È infatti da oltre dieci anni che gli studenti e i laureati in comunicazione sopportano battutine sul loro conto e uscite come quelle degli ex ministri Gelmini e Sacconi: non possiamo pensare che tutto ciò non influisca sulla decisione delle imprese riguardo a stipendi e stabilizzazione del lavoro. È anche a causa di questi pregiudizi infatti che, se un’azienda fa un colloquio a un neolaureato in ingegneria bravo e uno in comunicazione altrettanto (o più) bravo, decide quasi per automatismo di pagarlo meno: l’ingegnere vale di più a priori, non perché «serve di più» all’azienda.
La stessa cosa accade quando un’impresa deve decidere di stabilizzare due precari: a parità di condizioni, si stabilizza prima l’ingegnere (l’informatico, ecc.) perché «altrimenti scappa». È la somma di decisioni come queste che un po’ alla volta ha creato un mercato di stipendi più bassi e di precarizzazioni più frequenti per i laureati in comunicazione. E il circolo vizioso è ormai chiuso.
Un circolo vizioso che sarebbe ora di rompere, una buona volta. Restituendo dignità alle professioni della comunicazione, a partire da come se ne parla. Facendo sempre considerazioni basate su dati e non su stereotipi, pur consapevoli che i dati vanno letti con attenzione e possono essere variamente interpretati. E cominciando a fare tutte queste cose proprio sui media – televisione, stampa, radio, internet – visto che, come dicevo, non si vede perché gli operatori della comunicazione debbano continuare a sminuire ciò che gli dà mangiare. 

(opinione del docente Giovanna Cosenza)

sabato 21 luglio 2012

Donna nel cinema, nella moda e nella pubblicità

Cinema, Moda e Pubblicità.

                                                           www.ilcorpodelledonne.com

 L'esagerata lode nei confronti del corpo femminile ne copre la mancanza di potere economico e politico. La donna cerca di assomigliare ad uno dei modelli proposti dai media. Lei è flessibile, quindi debole e manipolabile.

     I modelli di bellezza sono IRRAGGIUNGIBILI perchè vari e variabili! Quando ne raggiungi uno, ce ne sono altri dieci. Gli stereotipi creati, sono, inoltre, estremamente banalizzati e spinti all'imitazione attraverso l'occhio. L'impatto visivo ha un potere forte, tanto da spingere le donne a sentirsi obbligate a rientrare nei modelli irreali creati dalla pubblicità, per paura di non essere più accettate dalla società.

     Parliamo di figure coercizzate come la donna elegante con un filo di perle ma col grembiulino e i guanti gialli in cucina, felice e instancabile. La ragazza candida e bambina, sempre estremamente curata, in forma e disponibile al maschio. Anche l'uomo manager sicuro di sè e perennemente in pausa caffè, che ride chissà per cosa in slancio lombare sulla sua poltrona a rotelle di pelle nera o guarda misticamente fuori dalla vetrata di un grattacielo all'80simo piano o all'aeroporto mentre fuori piove.

     Lo stereotipo di finezza e leggerezza cucito forzatamente addosso alle donne nella pubblicità e nel cinema, visto come unica rappresentazione possibile della femminilità, crea nelle masse di ragazze-donne un crescente disagio psicologico nell'accettare il proprio fisico. Psicologicamente strapazzate, non sorprende, a dire il vero! Anche perchè la donna, persuasa ad essere una bambina, per gli uomini perversamente attraente, è vista e si abitua a vedersi come inferiore, DIPENDENTE, da proteggere, fragile, passiva e romantica. I modelli femminili presentati dai media sono inoltre altamente lontani dalla realtà quotidiana, nella quale si presentano molto più sfaccettati e non così stilizzati e banali. Ad esempio la seduzione può avere molteplici forme, ma la pubblicità e la moda possono spingere verso un icona unica, allo scopo di  creare asservimento, e di vendere quell'immagine, insieme al corredo di vestiario e accessori.

     Per quanto riguarda i messaggi della moda, veicolati con potenza tramite i divi, stimolano la somiglianza e la ricerca di UGUAGLIANZA con le classi sociali più abbienti, che cercano di distinguersi dalla massa con dei totem quali vestiti, usi e marchi, per poi cambiarli immediatamente se copiati. La massa sta in rapporto di rivalità e di ammirazione con "i ricchi".

     L'imitazione di un modello significa trovare un APPOGGIO SOCIALE, riconoscersi in un universalità condivisa, nell'obbedienza alle norme del nostro tempo. Siamo scissi tra un istinto gregario di unione al gruppo ed una tendenza narcisistica di unicità e di limitazione dell'omologazione. Paradossalmente essere alla moda serve per non essere notato nella propria unicità in quanto comporta critiche e responsabilità, mentre essere un outsider e rifiutare l'omologazione, accende l'attenzione proprio su chi non la vuole.

     Al cinema lo spettatore guarda al modello "perfetto" per sublimare una sua MANCANZA. Vera o indotta. Così pensa che assomigliando a quel personaggio sarà più felice o realizzato, tramite l'aiutante magico che la maggior parte delle volte è un vestito o una pettinatura. Cambiare la superficie, non accettarsi mai, cercare di essere sempre qualcun'altro.

Questo non è amore, è mercato. Bellezze.





giovedì 19 luglio 2012

La ragazza di mare

Essere entusiasti di ciò che si ha.


Se c'è un film che raccoglie il mio pensiero e lo esplica come una parabola, è "Il ragazzo di campagna" con Renato Pozzetto. Taaaaaak.

Beh, sono le 10:10. Nove ore fa ero sbronza di Prosecco e gonfia di formaggi. Il piccolo Malech. Burroso. Mi manca il mio meraviglioso ragazzo.

Insomma, il ragazzo di campagna vuole vedere altro perchè crede "che non sia sufficente avere come amico il mare" (cit. ). Sebbene la campagna non è che sia rappresentata come uno splendore, in autunno con la nebbia, ne danno un immagine familiare e calorosa.

 Pozzetto arriva a Milano. Grigia. Frenetica. Fastidiosa nella sua offerta di rumori e macchine incazzate.

Incontra una bellissima Angela che se lo tiene fondamentalmente come galoppino, a cui non riesce mai a dare un mazzo con dei fiori ancora attaccati.

Alla fine li dopo aver tentato mille lavori e l'amore, non trova basilarmente nulla di interessante. Torna nella sua campagna dove, l'unica ragazza del villaggio che ritrova, scopre essere più interessante di ciò che pensava.

Il punto mio personale: è giusto provare situazioni nuove, ma il più delle volte le metropoli sono destabilizzanti. Meglio i paesetti o le cittadine medio piccole.

Il punto generale: è lecito cercare qualcosa di nuovo, ma con la consapevolezza di essere fortunati per ciò che si ha già.


Il topo di città ed il topo di campagna. Esodo. VI secolo a.C.
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_topo_di_citt%C3%A0_e_il_topo_di_campagna


sabato 14 luglio 2012

Il mio sabato insegna :)



Debbo dire che sebbene in questo periodo della mia vita ho smesso di sognare, mi sembra di aver già visto tutto e poco mi sorprende, una cosa che mi affascina c'è.

Il mio sabato naturalistico-culturale!

Il treno televisivo che mi appaga comincia su Rai 1 con Linea Blu alle 14:00.
Segue Quark Atlante alle 15:45.
Alla fine si culmina con Dreams Road alle 16:20.

Quando mi sveglio presto..(...pfff..) inauguro alle 12 su Rete4 con Mela Verde, un adorabile oretta e mezza di agricoltura, eno-gastronomia e intermezzi nelle fabbriche su come si realizzano molti prodotti.

Questi programmi sono una prova di buona tv, che insegna, che fa scoperire, che rasserena.
Linea blu parla di mare, di pesca, di gastronomia, di cultura. Un ottimo mix, ben organizzato.

Quark invece è, diciamo, il classico documentario. Sempre molto apprezzato, come Ulisse, presentato dal mitico Alberto Angela.

Dreams Road è il viaggio. A parte la pronuncia vergognosa con cui i conduttori col pollicione in su ti sparano "Drimmms ròddd", è un ottima finestra su altre culture e luoghi. In sella alla moto.

Oggi sono in Medio Oriente, vicino agli Emirati Arabi Uniti. A vedere le donne intabarrate nei loro Burqa non mi da più così fastidio. Penso alla mercificazione alla Rihanna, e sinceramente siamo solo due estremi.

Ora vado a farmi un giro in pattini, dopo il mio cappuccino! :)

Anzi, ora alle 17:20 ne ho scoperto un altro! Se non dovessi vivere, mi guarderei anche questo: "A sua immagine". Ok dai, è a sfondo religioso, ma mostra luoghi meravigliosi della nostra Italia. Sebbene il culto non mi faccia impazzire, viene mostrata molta storia dell'arte. Interessante!